Sprar, Loddo: "Nessun comune aveva mai certificato con un voto in consiglio la non partecipazione" • Terzo Binario News

Sprar, Loddo: “Nessun comune aveva mai certificato con un voto in consiglio la non partecipazione”

Ott 13, 2017 | Ladispoli, Politica

Tra le posizioni più contrarie alla proposta della maggioranza in consiglio del comune di Ladispoli è emersa senza dubbio quella del consigliere Giuseppe Loddo di “Si può Fare”. Una posizione critica al punto da abbandonare l’aula prima dell’intervento del sindaco e del voto. Di seguito l’intervento integrale letto dal consigliere e condiviso con il suo gruppo politico.

Ringraziamo l’amministrazione per aver deciso di dibattere in Aula questo tema, ma impostare il confronto sulla base di una proposta di delibera chiusa, già determinativa di una decisione, quella di non aderire allo SPRAR, ci sembra del tutto fuori luogo

Nessuno dei comuni italiani che, ad oggi, ha scelto di non aderire al progetto Sprar ha certificato la propria decisione con un atto deliberativo di questo genere che, tra le altre cose, fa delle questioni “socio-sanitarie” uno degli elementi del rifiuto di un percorso, quello dello SPRAR, che a detta di Biffoni, il Sindaco di Prato responsabile SPRAR per l’ANCI: “ri-mette la governance in mano al sindaco, che con questo strumento può decidere, insieme alla sua comunità, numeri, modalità e soggetti da coin-volgere per organizzare l’accoglienza sul suo territorio”.

Pertanto, all’inizio come alla fine del nostro intervento, chiediamo all’am-ministrazione di ritirare l’atto presentato stasera, per rendere davvero cre-dibile il confronto che si sta svolgendo e di rinviare la decisione finale a maggiori approfondimenti, a cui contribuiremo anche con una proposta delle minoranze.

Il tempo di riflettere c’è in quanto i termini per aderire al bando 2016/2017 sono scaduti il 30 settembre u.s. e il prossimo bando è previsto, presumi-bilmente, entro marzo 2018. La richiesta di questo consiglio sullo SPRAR ha come finalità di proporre all’amministrazione di redigere e valutare un progetto di accoglienza per 40 rifugiati/ richiedenti asilo, coinvolgendo nei processi decisionali esperti del terzo settore e le associazioni di volonta-riato che operano nel territorio in modo tale da verificare, numeri alla mano, la fattibilità e la compatibilità dell’intervento.

Prendetevi il tempo necessario per arrivare ad una decisione, che sia la sintesi delle diverse molteplici voci della città, corre infatti l’obbligo di ri-cordare che la rappresentanza consiliare esprime solo in parte il tessuto sociale e politico della città. 2

Ricordiamo infatti che i Rifugiati e Richiedenti Asilo (utenti dei progetti SPRAR), predispongono la domanda nella prefettura di sbarco e, in quel contesto, i servizi di polizia già procedono alle operazioni di identifica-zione, rilasciando una scheda che non equivale al permesso di soggiorno. Successivamente il rifugiato o richiedente asilo viene indirizzato in un Centro di Accoglienza (CAS o CARA) in attesa di udienza presso la Com-missione esaminatrice dello status e, di conseguenza, viene trasferito in altri luoghi per terminare le procedure occorrenti per l’eventuale ricono-scimento del permesso di soggiorno, che può essere di un anno per mo-tivi umanitari o dai tre ai cinque anni per i rifugiati e i richiedenti asilo che hanno ottenuto questi status.

Quindi, prima del giudizio della Commissione Territoriale competente, l’utente non entra in possesso di nessun tipo di permesso di soggiorno che otterrà eventualmente dopo l’esame in commissione territoriale di ul-timo domicilio. Pertanto già al Centro di Accoglienza, prima di essere tra-sferito in luoghi di accoglienza e integrazione tipo lo SPRAR, l’utente pos-siede un documento di riconoscimento provvisorio – che non è la carta di identità, per intenderci -, ha ricevuto lo screening sanitario necessario – che è garanzia per la salute pubblica collettiva – con iscrizione, sempre provvisoria, al servizio sanitario nazionale.

L’utente non “gode” quindi di nessun privilegio rispetto al resto della popolazione e, piuttosto, l’iscrizione al SSN è a garanzia di tutta la popo-lazione oltre ad essere un diritto universale riconosciuto dalla nostra Co-stituzione.

Allo stesso modo, sempre sulla dolente nota della questione “socio-sani-taria”, non è assolutamente vero che non vi sia alcuna comparteci-pazione alla spesa. Il pagamento del ticket sanitario (tolte le normali esenzioni per i senza reddito) è compreso nella diaria e, di conseguenza, le eventuali spese per la salute del rifugiato o richiedente asilo sono pre-viste nel progetto che, come già noto, è predisposto dal Comune con con-seguente bando pubblico ed obbligo della rendicontazione delle spese al Ministero.

Dalla proposta che ponete all’attenzione del Consiglio e, dunque, della città si evince poi che: ll tempo medio di valutazione della richiesta di asilo è di 6/8 mesi per il procedimento di competenza della Commissione Ter-ritoriale competente, che può aumentare di altri 2/3 anni qualora il richie-dente presenti ricorso contro il rigetto della domanda della Commissione territoriale; 3

Le cose non stanno esattamente così:

Il tempo di durata – in termini di turn over – di un progetto SPRAR è di 6 mesi (salvo proroga di ulteriori 6 mesi concertate con il Ministero), periodo in cui il soggetto gestore del progetto ha il compito di espletare le adempienze burocratiche.

  • Visite mediche specialistiche per verificare la presenza di casi di tortura
  • Predisposizione della relazione preliminare da inviare alla Commissione Territoriale
  • Contatti con l’ufficio territoriale di polizia scientifica per svolgere indagini sull’utente.
  • Organizzazione delle audizioni con le strutture preposte
  • Ottenimento del Codice Fiscale
  • Ottenimento dell’iscrizione definitiva presso l’Azienda Sanitaria Locale
  • Accompagnamento presso gli ospedali in caso di grave malattia

• Mediazione culturale, soprattutto in fase di uscita dell’utente dallo SPRAR, ovvero alla fine dei 6 mesi (se non in presenza di una proproga) momento in cui è prevista, addirittura, l’erogazione di una somma una tantum finalizzata all’uscita del soggetto.

Nella vostra proposta, si legge che:

  • Da una attenta analisi della situazione dei servizi sociali, si è evinto che il nostro Comune non riesce a garantire nemmeno i servizi essenziali. Invero la scarsa disponibilità di risorse economiche e logistiche non riesce ad ottemperare a tutte le domande per poter garantire servizi sociali come quelli per l’educativa scolastica, ricoveri in RSA, progetti per disabilità gravi e meno gravi, sportello anti violenza, servizi assistenziali alle classi meno abbienti in genere, ecc.
  • da una rigorosa disamina della situazione dei servizi primari, si è constatato che il nostro Comune non riesce a sopperire alle necessità di assistenza sanitaria e di ordine pubblico, in quanto le strutture ed il personale attualmente in servizio presentano riscontrano serie difficoltà nel garantire servizi soddisfacenti per i numeri della nostra Città.
  • da un’approfondita ricognizione della situazione del patrimonio immobiliare comunale si è giunti alla conclusione che il nostro Comune non dispone di strutture idonee ove poter accogliere eventuali ospiti, ne tantomeno di risorse economiche per eventuali affitti e cauzioni;

Il Comune, lo ribadiamo, non è il soggetto istituzionale che eroga servizi sanitari, mentre gli affitti e le cauzioni vengono erogate dal Ministero come quota parte del finanziamento del progetto e dietro rendicontazione. I pro-getti SPRAR, normalmente, non prevedono l’uso di strutture di ospitalità 4

centralizzate e il concetto di diffusione territoriale è messo a tema per evitare la ghettizzazione e l’emarginazione, ovvero il fallimento del pro-getto spesso, preferendo che si attuino presso normali abitazioni sparse sul territorio, di cui Ladispoli ha una grande disponibilità.

Dunque ora è chiaro che con l’acronimo Sprar si indica il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, le cui procedure sono state regolate in Italia dalla legge num.189 del Luglio 2002 ( la Legge Bossi-Fini).

E’ una procedura che non riguarda quindi i cosiddetti “clandestini”, i “migranti economici” (quelli che ogni giorno attraversano la nostra città e la vivono in forma del tutto anonima sfuggendo ad ogni forma di controllo…. E sono sicuramente più di 40) ma solo persone e nuclei familiari che sfuggono da guerre o persecuzioni politiche e religiose.

E cos’è questo se non un principio universale e riconosciuto di civiltà e umanità? Chi fugge da un teatro di guerra prova paura, orrore, spaesamento, disagio ogni ora di ogni giorno della propria vita.

Pensate alla Siria, alle donne, ai bambini, ai giovani uomini, agli anziani che non vediamo quasi mai perché difficilmente riuscirebbero ad affrontare il viaggio che li separa almeno dal tentativo di ottenere protezione e libertà.

Chi fugge da un teatro di guerra, probabilmente, le macerie se le è viste crescere intorno un po’ come qui succede con le case e le sale slot e non lo fa per venire ad affamare altri esseri umani, non lo fa in nome di una guerra tra poveri. Fugge perché non può essere semplicemente “aiutato a casa propria” visto che una casa – seppure ancora la avesse – senza una rete di servizi sociali, sanitari non è che una gabbia nel nulla.

Lo SPRAR permette di essere una comunità solidale ma all’interno di una rete sostenibile in cui lo Stato, attraverso il Ministero competente e con la mediazione dell’ANCI, permette ai comuni di accogliere in base a progetti autodeterminati e concordati (anche e soprattutto con le realtà sociali e culturali del territorio) sulle peculiarità e le reali potenzialità dei singoli enti e territori.

E’ chiaro che non parliamo di un percorso facile o scontato. I processi di inclusione vanno costruiti, condivisi e – senza ipocrisie – anche sofferti ed aggiustati. 5

Gli slogan fuori contesto come:

“prima gli italiani” promossi più per parlare alla pancia e per produrre facile consenso non si soffermano sulla dura verità ovvero che i fondi SPRAR nella peggiore delle ipotesi coprono i progetti dedicati e nella migliore permettono di incrementare le risorse anche per la gestione delle politiche sociali del comune. Aderire allo SPRAR o non aderire non cambierà la situazione di quelle famiglie di Ladispoli che vi-vono in difficoltà. Anzi il contributo straordinario di circa 700 euro a migrante potrà essere impegnato a discrezione dell’Amministra-zione proprio in quei settori maggiormente in difficoltà.

– “abbiamo già troppi stranieri” quando a Ladispoli vivono circa 800 citta-dini extracomunitari – il cui 90% è composto da minori – e 8.000 cittadini comunitari – di cui quasi la metà sono minori di seconda generazione, dunque ladispolani veri – davvero non aiuta nessuno.

Spingere sullo spauracchio delle “cooperative rosse” sembra lasciare il tempo che trova, visto che di cooperative a cui poter affidare i progetti Sprar ce ne sono di ogni “credo e provenienza” ed è il comune stesso ad indire i bandi necessari ad individuarle e controllare che nessuno speculi, negli ultimi mesi, gli indici di adesione dei comuni italiani sono aumentati, con piacevoli sorprese come quella di Genova, amministrata proprio come Ladispoli da Centro Destra e Lega, il cui sindaco, dopo aver parlato in campagna elettorale di “no allo Sprar” e di possibile “schedatura degli elemosinanti”, ha poi aderito al progetto per non finire come altri comuni medio-grandi che, rifiutando ideologicamente di ade-rire, hanno poi subito l’intervento diretto delle Prefetture.

Tutto questo senza stare ad analizzare di nuovo le scelte maturate dai comuni limitrofi al nostro come Cerveteri e Santa Marinella.

Crediamo che intorno a questo non si possa instaurare un dibattito “ideologico” o di propaganda elettorale, ma che esista un piano prag-matico su cui muoversi che, partendo dalla Convenzione sui Diritti Uni-versali dell’Uomo a quella dell’Onu del 1950 e fino alla drammatica con-dizione in cui oggi versiamo come popolo, soprattutto sul piano socio-economico, ci impone una riflessione molto più approfondita.

E’ preferibile gestire in maniera diretta un fenomeno a cui non basta “voltare le spalle scrollandosi ogni responsabilità” o subire passiva-mente i possibili eventi?

Un CAS o un CARA che, nell’eventualità, la Prefettura e il Ministero po-trebbero ubicare a Ladispoli creerebbe reali problemi sul piano sociale 6

ed economico oppure ci accontentiamo di pensare che il “non è una nostra responsabilità” sia sufficiente a scongiurare il collasso di un con-testo sociale già complesso e carico?

Su che base il nostro Comune rifiuta lo SPRAR proprio in un momento in cui le risorse per le politiche sociali sono ridotte al lumicino e il pro-getto, oltre ad autofinanziarsi, permetterebbe di avere risorse aggiuntive utili non solo a coprire il 5% di cofinanziamento richiesto ma, ad esem-pio, per implementare i fondi dell’assistenza o a disposizione di anziani e minori a rischio, oppure per specifici progetti rivolti ai residenti?

O magari per finanziare sportelli appositi o quelli già esistenti? Inoltre, l’adesione, potrebbe altresì garantire di gestire i bandi, agevolare l’oc-cupazione sul territorio e permettere ad un numero contenuto di richie-denti protezione o rifugiati di integrarsi in attesa di conoscere la propria sorte. Ecco, queste sono alcune delle riflessioni a cui ci piacerebbe avere delle risposte. Se così non fosse, se ne prenderà nota.

Siamo convinti che il dibattito su questo tema non si fermerà al Consiglio Comunale di questa sera e formalizzare una scelta così netta non sia nel migliore interesse della città, anzi temiamo che apra la porta a con-seguenze di cui l’amministrazione dovrà farsi comunque carico.

Vi chiediamo pertanto di valutare la possibilità di modificare l’atto og-getto della discussione dando mandato alla giunta di istituire un tavolo di confronto tecnico politico al quale far partecipare esperti del settore e volontariato locale per verificare l’effettiva possibilità e compatibilità di un progetto di accoglienza da presentare al prossimo bando SPRAR di marzo 2018.

Se così non fosse, e alla fine della discussione l’amministrazione riterrà opportuno procedere al voto del documento proposto annunciamo fin da subito che non prenderemo parte alla votazione e invieremo l’atto alla Prefettura per opportuna conoscenza

Ladispoli 12 ottobre 2017.

Per il Movimento Civico “SI PUO’ FARE”

Il Consigliere Comunale

Giuseppe Loddo