Potare gli alberi è un lavoro intellettuale. Dirlo chiaramente – come viene fatto al corso di potatura degli olivi dall’Associazione Libera Polis (Cerveteri, RM) – porta con sé un significato complesso e semplicissimo insieme.
Carlo Mascioli (dottore forestale) e Daniele Brugiotti (tree-climber e arboricoltore), i due esperti che accompagnano i corsisti in una intensa tre giorni di teoria e pratica, compiono un excursus ragionato e motivante sul senso delle nostre azioni che vale sempre, anche se nella fattispecie l’esercizio è applicato all’arboricoltura.
Accettare come presupposto che per potare gli olivi sia necessario adoperare prima di tutto il cervello significa assumere su di sé la responsabilità delle proprie azioni. Asserzione tutt’altro che scontata, soprattutto alla luce delle consuetudini di mala potatura cui assistiamo nelle città e nelle campagne del nostro Paese: quasi dovunque gli alberi vengono infatti “capitozzati”, ovvero moncati quasi interamente dei rami. Guardatevi intorno per capire di cosa stiamo parlando… Le conseguenze sono tragiche: gli alberi si ammalano, divengono fragili e sovente, sebbene con lentezza, muoiono.
Immagine estrapolata dalle dispense fornite ai corsisti
Esempi di “capitozzatura” in una foto estrapolata dalle dispense fornite ai corsisti
Per potare olivi servono innanzitutto competenze generali sulla fisiologia di un albero. Dobbiamo conoscere i suoi organi, il suo stato naturale (selvatico), sapere di cosa si nutre e in che modo, cosa lo ferisce e cosa può curarlo, prima di avvicinarci. Dopodiché, potare non va considerata un’azione ovvia. Occorre sgombrare il campo da un malinteso: non si pota per il bene dell’albero, il quale è capacissimo di regolarsi da solo. Lo si fa, viceversa, per indirizzarlo verso nostre necessità. Questo significa che non ha senso potare se alla base di questa azione non risiede un progetto: occorre avere chiaro il motivo per cui si intende potare e quale sia il risultato che si intende raggiungere.
Durante il corso si impara a guardare gli olivi, per capire la loro forma
Nel caso dell’olivo, prima di prendere in mano forbici e cesoie dobbiamo ripeterci che quello che stiamo per fare lo facciamo unicamente per noi stessi. Stiamo per conferire all’albero una forma che va contro la sua natura, e lo facciamo perché ci interessano i frutti che produce, le olive, e pretendiamo di poterle raccogliere in buona quantità e senza troppo sforzo. Per questo dobbiamo potare nel modo più gentile possibile, senza procurargli traumi o danni eccessivi, ferendolo in modo abbastanza lieve da permettere che possa curarsi con le sue forze.
E, come ci ricorda Carlo Mascioli, prendere decisioni è la cosa più difficile. Tagliare qui o tagliare lì? Esporre l’albero a rischi maggiori nella voglia di plasmarlo come vorremmo, oppure assecondare maggiormente la sua natura selvatica e accontentarci? Una buona potatura, soprattutto quando si interviene su piante abbandonate o mal potate in precedenza, significa saper vedere e prevedere le reazioni e la crescita della pianta nel corso degli anni. Responsabilità e progettazione, come dicevamo, col carico di fatica che comportano. E, come ci ricorda Mascioli, un simile modo di procedere è ancor più faticoso in una società in cui siamo ormai abituati a delegare quasi tutto. Sarà per questo che nemmeno ci accorgiamo delle famigerate “capitozzature” che sfregiano l’estetica di città e campagne, soprattutto in nome del business della potatura: peggio si pota, maggiore bisogno ci sarà di potare ancora. Ma prima delle speculazioni, gestite come spesso capita da amministrazioni pubbliche conniventi, il lasciapassare a pratiche così insensate lo diamo tacitamente noi cittadini nel momento in cui nemmeno ce ne accorgiamo: per ignoranza, per superficialità, perché, forse, noi per primi veniamo “capitozzati” in un sistema che ci abitua a perdere la relazione con l’ambiente che ci circonda.
All’inizio del corso, viene opportunamente ricordata un’altra necessità fondamentale nell’avvicinarsi a una coltivazione: occorre ragionare in termini sistemici. Per tenere in salute i propri oliveti occorre collocarli in un microambiente complesso, capace di raggiungere autonomamente un equilibrio che può essere prezioso anche per i nostri obiettivi. La varietà di insetti e altre forme viventi potrà spontaneamente fare barriera contro le invasioni dei predatori delle nostre olive: per invitarli può essere sufficiente circondare i campi di siepi e arbusti, oppure coltivare altre piante intorno agli olivi, contro l’abitudine di lasciare la terra spoglia. L’habitat generato potrà ospitare i predatori delle specie potenzialmente nocive alle nostre raccolte e alla qualità dell’olio prodotto.
Chissà come ci vede un olivo… Se proprio dobbiamo avvicinarlo a lame sguainate, assicuriamoci prima di conoscerlo e sapere come evitare di nuocergli troppo
Occorre anche correggere alcune errate prospettive sotto le quali si inquadrano tante questioni specifiche intorno all’olivocoltura. Prendiamo, ad esempio, la cosiddetta mosca dell’olivo. Si tratta della minaccia più insidiosa e conosciuta dai coltivatori di olivi, capace di distruggere intere produzioni di olive in pochissimi giorni. Tanto da parlarne come una malattia della pianta. Non è così. La piccola mosca che va ghiotta di olive e inocula le sue uova all’interno della polpa non è assolutamente una minaccia per l’albero, per la sua salute e sopravvivenza. È un fastidio soltanto per l’uomo, che dalle olive intende ricavare dell’olio e pretende che sia anche buono. Per difendersi dalla sua invasione, per quanto sia difficile, esistono modi che non prevedono un massiccio ricorso ai veleni chimici, i quali hanno la grave controindicazione di sterminare ogni forma di vita che si avvicini alle olive, oltre alle piccole mosche. E di esporre gli uomini a intossicazioni il cui effetto, nel lungo periodo, non può essere oggetto di misurazione da parte della scienza.
Per una corretta potatura occorre addentrarsi nell’albero di olivo…
Poche di queste considerazioni sono nell’uso comune, e il grande merito di questo corso è di fornire strumenti per ragionare sul senso e conseguenze delle nostre azioni, non ricette preconfezionate da applicare. Per i più esperti si può aggiungere che, nella parte pratica, il metodo di strutturazione dell’olivo proposto come più funzionale è quello del vaso policonico, che permette di eliminare l’uso della scala per la raccolta. E tantissime sono le indicazioni sul come, quando, quanto potare.
L’Italia è ricca di olivi, e queste piante versano spesso in stato di “abbandono” perché le campagne si sono via via spopolate e un patrimonio agricolo sta andando perduto. Ora che la tendenza è quella di riavvicinarsi alla terra, anche solo per propria sussistenza e per riscoprire un vivo contatto con la natura, è più che mai importante sapere come farlo.
Un’ultima indicazione da portare con sé alla fine del corso, prima di fare pratica sui propri olivi: per potare serve la mente sgombra, proprio perché a lavorare è il cervello, prima delle mani. E se siamo distratti o di cattivo umore è meglio rimandare a giorni migliori, quando sapremo creare con le nostre piante la dovuta sintonia. La pianta è viva e a ogni nostra azione deve seguire una sua reazione, necessaria per riparare il danno subito. Non facciamola affaticare troppo e vivremo noi e lei più felici e contenti.