Si terrà domani mattina la sesta udienza in Corte D’assise del caso Vannini.
Davanti ai giudici ci sarà l’ex generale dei Ris Garofano, perito di parte della famiglia Vannini. L’attenzione dei giudici domani sarà quindi puntata sull’arma che quella sera ha sparato.
Già nei mesi scorsi era emerso che chi ha sparato quella fatale sera lo avrebbe fatto volontariamente.
Una conferma che arrivò dalle risultanze della perizia sulla pistola che ha accertato il malfunzionamento dell’arma.
La pistola calibro nove a canna corta (Beretta 380) di Antonio Ciontoli ha infatti un difetto nel meccanismo di azione, tale per cui non è possibile sparare con il metodo automatico della doppia azione.
Tirando il grilletto, in genere, il cane si arma e poi spara. Ma avendo questo difetto, per attivare il colpo nella pistola di Ciontoli era necessario alzare il cane manualmente e premere il grilletto esercitando una forte pressione. Quindi da quella pistola non poteva partire alcun colpo da solo: pertanto, o l’arma è stata armata davanti a Marco, oppure è stato alzato il cane per attivare lo sparo. Ma non solo.
Nella pistola, oltre a non essere presenti impronte, non sono state rilevate neanche tracce di Dna, il che confermerebbe con certezza che la pistola sia stata pulita volutamente. E non con un semplice straccio per eliminare le impronte.