Oltre il vetro – La nobile arte • Terzo Binario News

oltre-il-vetro1I romani si saranno ormai accorti del primo Festival della Creatività, la manifestazione che, stabilitasi nella struttura dell’Ex Mattatoio di Testaccio, dall’8 febbraio sta offrendo alla città un saggio delle energie e delle proposte artistiche che animano il substrato giovanile della capitale.
Mi preme però segnalare in particolare uno spettacolo teatrale non tradizionale all’interno di questa interessante esperimento di partecipazione collettiva (che andrà in scena sabato 2 marzo alle 18.30). La nobile arte (questo il titolo della performance di Claudia Pajewski e Valentina Beotti) è un’opera di grande suggestione e dalla dilaniante carica emotiva, come ho avuto modo di constatare dopo aver avuto l’onore e il piacere di assistere alla prima svoltasi durante il Gender Bender Festival presso lo galleria Spazio Elastico di Bologna.

Costruito sulla scansione ritmica di un match di pugilato in tre round (con tanto di suono del gong alla fine di ogni ripresa), lo spettacolo sfrutta un intreccio multimediale di linguaggi diversi, tra cui il teatro e la videoarte, ma soprattutto il corpo dell’attrice per mettere in scena uno sfaccettato e ambiguo discorso sulla natura dell’amore, dell’empatia, e della costruzione identitaria.

oltre-il-vetro2Sulla scena una boxeur si prepara meticolosamente a un incontro, fino a che non arriva il grande momento della sfida con l’avversario: lo scontro è impari, le cadute rovinose, la lotta disperata. Percepiamo tutto il suo affanno e la sua disperazione, fino a che non la vediamo e la sentiamo scagliarsi contro il vetro che separa lo spazio scenico dal pubblico.

È il momento chiave de “La nobile arte”, allorquando si intuisce l’inestricabile congiunzione tra empatia e distanza che non solo è alla base di ogni coppia di amanti ma sopratutto del rapporto tra la monade formata dalla coppia e il mondo esterno. L’idea alla base della performance è limpida e cristallina e si tratta di una sensazione esperita da chiunque su base quotidiana: similmente al modo in cui un segno tracciato da un gessetto su una lavagna è percepibile solo perché si staglia su un fondo nero (e come, in modo più definitivo e metafisico, la vita assume la propria forma solo emergendo in controluce rispetto al profondo abisso della morte) così l’amore prende consistenza dallo scontro con la sua assenza (o di quella dell’oggetto amato).

oltre-il-vetro3La partecipazione a “La nobile arte” mi ha ricordato la visione del capolavoro cinematografico di Werner Herzog Aguirre, “Furore di Dio”, in quanto universo espressivo chiuso in se stesso, autonomo e concluso, osservabile da ogni lato, in cui ogni elemento trova una propria giustificazione pur senza avere un significato definitivo. È con questo spirito – almeno io credo – che tra le tante suggestioni bisogna godere della metafora del pallone che appare misteriosiamente sul palco alla fine del terzo round, contenitore di quella capacità vitale impalpabile e mutevole proprio come l’aria di cui abbiamo bisogno per sopravvivere.

È quasi con sollievo, alla fine, che si ascolta l’ultimo battito del gong che pone termine allo scontro e anche alla rappresentazione. Ma il sospetto che pervade lo spettatore, una volta ripresosi dal tremore dell’emozione, è quello di essersi trovato dinanzi a un evento destinato a ripetersi ciclicamente, così come in fondo l’esperienza dell’amore si rinnova trasformandosi costantemente.

Pubblicato venerdì, 1 Marzo 2013 @ 11:31:17     © RIPRODUZIONE RISERVATA