Riceviamo e pubblichiamo una lettera per la quale è stata richiesta la pubblicazione dal dirigente scolastico Riccardo Agresti in merito ad un episodio avvenuto qualche giorno fa presso l’istituto Ladispoli 1.
Se è clamoroso che in Italia qualcuno cerchi di far rispettare le regole, forse siamo messi veramente male! Se invece la linea editoriale è dettate da quei partiti che hanno espresso frasi del tipo “la cultura non fa mangiare” o “insegnare una lingua è pazzesco”, allora di clamoroso o ci sono solo l’ignoranza ed il dilettantismo dimostrato o, peggio, la malafede di chi cerca di abbindolare il prossimo.
Lasciando da parte le considerazioni iniziali, che ovviamente non hanno alcun riferimento alla lettera pubblicata da un quotidiano del territorio ed al relativo intervento del redattore, si desidera innanzitutto concordare pienamente con l’ultima frase del commentatore: “La Scuola deve dare l’esempio”. Noi lo intendiamo con “la Scuola non deve agire come tante realtà italiane nelle quali le regole esistono, ma nessuno le rispetta o le fa rispettare”.
Conviene allora illustrare meglio la situazione.
L’organo supremo della Scuola è il Consiglio di Istituto composta da 8 genitori, 8 docenti, 2 ata (tutti democraticamente eletti da coloro i quali conoscono i diritti ed i doveri del cittadino) ed il dirigente scolastico. Il Consiglio di Istituto ha, all’unanimità, emanato un Regolamento che, fra l’altro, su richiesta dei docenti, prevede il divieto di consegna agli studenti di materiali dimenticati a casa o a Scuola. Il dirigente scolastico ha il dovere di emanare circolari per illustrare, dare indicazioni e far rispettare il Regolamento.
Le motivazioni che hanno spinto a questo divieto sono sostanzialmente le due riportate di seguito, oltretutto ben chiarite con opportune circolari che il signore dovrebbe conoscere.
Innanzitutto la carenza di personale a disposizione che non permette una facile gestione (né la sicurezza o il dovuto controllo) nel caso in cui ci siano genitori che vengano a Scuola la mattina per consegnare ai propri figli materiali o merendine dimenticate o il pomeriggio per riavere ciò che gli alunni hanno dimenticato a Scuola. La “Ladispoli 1” è una Scuola frequentata da oltre 1200 alunni e prima dell’emanazione di questo Regolamento (che oltretutto è una modifica di un altro precedente che dava indicazioni analoghe, ma evidentemente faceva la figura di una grida di manzoniana memoria) e della sua applicazione, le docenti erano in continuazione disturbate dall’ingresso in aula di personale scolastico che portava merendine, righe, quaderni, penne ed altro materiale dimenticato a casa. Chi lavora a Scuola, soprattutto se con i bambini, sa che qualsiasi interruzione della lezione, per qualsiasi motivo, richiede un tempo di “ripresa” dell’attenzione che va dai 5 ai 15 minuti, cioè “tempo-lavoro” che è comunque pagato con le nostre tasse (si intende lo stipendio del docente che non ha potuto svolgere come avrebbe voluto il proprio lavoro) senza riceverne il servizio che non viene usufruito dal cittadino (i genitori dei bambini che desiderano che la Scuola faccia il proprio dovere). Proprio dai docenti (che amano il proprio lavoro e desiderano non “rubare” lo stipendio, perché credono nel proprio lavoro e nella sua importanza) è venuta la pressante richiesta di far terminare questo andazzo ed il Consiglio di Istituto ha responsabilmente recepito la richiesta.
Il secondo motivo è di tipo didattico: le (minime) conseguenze dell’aver dimenticato qualcosa, servirà ai bambini ed ai ragazzi come memento e li spinge ad una assunzione di responsabilità che li farà crescere. Infatti, vissute le (minime) conseguenze, in futuro controlleranno meglio il proprio materiale da portare a Scuola, tenderanno ad organizzarsi al meglio o chiederanno ai propri genitori (se troppo piccoli) di fare maggiore attenzione. Allo stesso modo, l’impossibilità a recuperare nel pomeriggio i materiali dimenticati in aula, diverrà un insegnamento ed un momento di responsabilizzazione e, quindi, di crescita. È fin troppo chiaro a qualsiasi educatore ed a qualsiasi genitore che se qualcuno risolvesse sempre ai ragazzi qualsiasi tipo di difficoltà, anche minima, (si intende il genitore che porta in ritardo o chiede l’oggetto il pomeriggio e la Scuola che rispettivamente lo consegna allo studente o lo restituisce), si perderebbe un momento di insegnamento che potrà sicuramente essere utile ai discenti in situazioni future meno semplici, quando i nostri figli avranno responsabilità più serie ed i genitori (cui auguriamo mille anni di vita) potrebbero non essere più vicini a loro per aiutarli.
Ovviamente si comprende benissimo l’atteggiamento del papà o della mamma ansiosa che ama il proprio figlio e vorrebbe che questi non subisse mai alcun minimo “trauma”. Tuttavia, se c’è stata una dimenticanza, significa che l’organizzazione non è perfetta e che occorre migliorarla, mentre il mettervi una “pezza” all’italiana (“abbia buon senso”, “lo faccia solo per me”, “non accadrà più”, “non la vede nessuno”, “cosa vuole che sia uno strapo alla regola?” e così via) non è la soluzione che fa crescere un cittadino o che insegna ai bambini che occorre prepararsi. Non dimentichiamolo: purtroppo la mamma non sarà sempre dietro alle sue spalle ed invece di preparargli ogni mattina lo zaino, è invece bene insegnargli a prepararsi lo zaino, altrimenti avremo una Nazione composta da “mammoni” invece che da cittadini attivi.
Nella fattispecie stiamo parlando di una merendina dalle molto discutibili proprietà alimentari e di un Paese, l’Italia, dove per fortuna da anni nessuno muore di fame (mentre sono in aumento gli infarti conseguenti all’obesità), tantomeno un bimbo senza merenda, che mangerà a mensa a mezzogiorno ed a cui la maestra farà dare un pezzetto di merenda da ciascun compagno di classe, per insegnare loro la solidarietà verso il compagno che sta vivendo una difficoltà. Lavoro della docente è infatti utilizzare qualsiasi inconveniente per svolgere una lezione viva e dare esempio.
A questo punto sorge spontanea una domanda, che inoltriamo al gentile lettore, chiedendo se sia più importante mostrare che il papà ha amici o modi (urbani o meno che siano) che risolvono i problemi del proprio pargolo o insegnare al bimbo che la prossima volta dovrà verificare se il papà ha pensato a lui per tempo, mettendogli nello zaino la merenda?
Ci poniamo invece una questione da risolvere sulla professionalità dei giornalisti. Ci si chiede se il mestiere del giornalista sia quello di pubblicare informazioni senza verificarne i dettagli, senza vero confronto, senza dar voce a chi sia accusato (ergendosi contemporaneamente ad accusatore e giudice), senza dare possibilità di replica e diffondendo diffamazioni gratuite. Noi abbiamo sempre creduto che il lavoro del giornalista sia molto più nobile ed importante di quanto dimostrato da alcuni improvvisati dilettanti (non ci si riferisce al commentatore citato in precedenza perché questi ha dimostrato di possedere doti da giornalista d’assalto), crediamo infatti che essere giornalista significhi, come ha fatto il commentatore in questione, svolgere un lavoro ben più serio e faticoso, cioè quello di pubblicare le informazioni e le lettere ricevute, ma solo dopo avere verificato i fatti ed i testimoni e conoscendo il campo si cui si tratta, senza gettare fango contro chi lavora per il bene dei futuri cittadini.
Per aiutare il giornalista che desiderasse qualche informazione in più, rispetto alle pur numerose ed approfondite indagini condotte dal nostro valoroso commentatore, riportiamo di seguito la relazione consegnata agli atti in segreteria dalla seconda collaboratrice della direzione a seguito della quale questa direzione potrebbe vedersi anche costretta a sporgere querela per violazione di proprietà privata, visto che il signore si è introdotto senza autorizzazione nei locali scolastici.
Gettare fango addosso a chi lavora e togliere serenità a chi non vuole rubare il proprio stipendio è molto facile, più difficile è fare un lavoro bellissimo ed utilissimo che è quello del giornalista professionista.
“In data 22/01/2016 presso l’edificio della “Ladispoli 1” sito in via Castellammare di Stabia, alle ore 08:35 circa, il sig. Xxx suonava al citofono della scuola, chiedendo alla collaboratrice scolastica di poter lasciare la merenda, dimenticata a casa, al proprio figlio.
Seguendo le disposizioni, emanate nelle circolari dal Dirigente all’inizio dell’anno e diffuse già da tempo a tutti i genitori, la persona preposta alla vigilanza all’ingresso, ha ricordato al sig. Xxx che non era possibile soddisfare la sua richiesta, in quanto il regolamento, sottoscritto e approvato da tutti i genitori all’inizio dell’anno scolastico, non lo prevede. A seguito di tale risposta, il genitore ha atteso fuori dal cancello della scuola, dimostrando così di ricordare molto bene il regolamento che, alla seconda ora, prevede l’apertura del cancello per dare possibilità di entrata agli alunni autorizzati o in eventuale ritardo. A questo punto, il sig. Xxx, senza avere avuto alcun permesso entra all’interno della scuola (alle ore 09:06), riproponendo la medesima richiesta e ricevendo nuovamente una risposta negativa.
All’atteggiamento piuttosto innervosito e fuori dalle righe del genitore, rispondeva con calma e cortesia l’insegnante Marcucci (responsabile di plesso) che si è trovata a dover necessariamente intervenire a supporto della collaboratrice scolastica che stava svolgendo correttamente il proprio dovere, secondo le disposizioni emanate dal Dirigente, e che veniva affrontata con poca gentilezza dal signore, chiarendo che le regole, piacciano o non piacciano, vanno rispettate. La calma, la professionalità e la cortesia del personale docente e collaboratore scolastico non sono state sufficienti e dopo le “minacce” di chiamare le forze dell’ordine, unite ai toni divenuto molto accesi del genitore, è dovuta intervenire anche la sottoscritta che è stata costretta a dover lasciare momentaneamente la propria classe affidandola ad un collaboratore scolastico. Dopo avere ascoltato e ribadito quanto già sopra dichiarato sull’obbligo dell’osservanza del regolamento, comprendendo la situazione che rischiava di degenerare, visto lo stato eccessiva eccitazione del sig. Xxx, si faceva carico di assecondarlo, portando personalmente la merenda al bambino e congedando il genitore. Non è intervenuta alcuna forza di Polizia Municipale, che invece ha incontrato il signore mentre finalmente usciva dal cancello. La merenda è rimasta brevemente a disposizione in ufficio di presidenza e poi consegnata al bambino su indicazione del dirigente.”