La sigla di "The Young Pope", l'arte e la vita di Lenny Belardo • Terzo Binario News

lenny belardodi Ginevra Amadio

Tra solenni grida di giubilo e qualche – immancabile – polemica, si è conclusa in bellezza la serie evento di Paolo Sorrentino, The Young Pope. Accolta da applausi e sinceri riconoscimenti di qualità («se fosse un film vincerebbe l’Oscar»), l’ultima fatica del regista napoletano ha avuto – oltre all’innegabile merito di portare, come tipico di Sorrentino, un prodotto artistico italiano sul piano internazionale – l’incredibile potere di trasformare in oro tutto ciò che ha anche solo sfiorato.

Lenny Belardo come Re Mida dunque, capace di far balzare in cima alla classifica di iTunes un singolo di Nada uscito nel 2004 e di impennare il numero di richieste della t-shirt ai limiti del blasfemo indossata da Suor Mary. Senza contare la riscoperta di All Along The Watchtower, brano scritto da Bob Dylan (è un caso, anche se Sorrentino è sempre profetico, la coincidenza incredibile con l’assegnazione del Nobel al menestrello) e magistralmente reinterpretato da Jimi Hendrix, alla cui versione si ispira quella dei Devlin qui utilizzata.

Proprio sulle note del pezzo rock, il giovane Papa dagli occhi di ghiaccio percorre un’immaginaria quadreria tutt’altro che casuale. L’inquadratura è di profilo, mentre la luce di una cometa attraversa ciascun dipinto per trasformarsi, di passo in passo, di tela in tela, in un meteorite che abbatte Papa Giovanni Paolo II. Lo stesso Pio XIII, con la sua andatura lenta, è colto di profilo, con un lato del volto completamente illuminato (ma guai a parlare di influenze caravaggesche con il regista…) e l’altro in piena ombra, da peccatore. La galleria che attraversa parla di lui, racconta per immagini la storia sottilmente ambigua di un uomo divenuto Papa per caso e (forse) per vocazione.

Ecco allora che ad accogliere il suo ingresso, che a un occhio attento richiama quasi una sfilata senza fronzoli sul tappeto rosso, c’è l’Adorazione dei pastori di Gerard van Honthorst, detto “Gherardo delle Notti”. Un’opera gravemente danneggiata nell’attentato di via dei Georgofili a Firenze del ’93, e che risente chiaramente – stavolta sì – dell’influenza del Merisi. La luce che squarcia le tenebre, il contrasto tra il nero dello sfondo e i colori caldi che definiscono i protagonisti del dipinto fanno del delle Notti uno dei più autorevoli artisti caravaggeschi, capace di rendere qui, con poche pennellate, tutto lo stupore dei pastori giunti appositamente per venerare il Bambino Gesù. E la madre, Maria, che svela letteralmente l’infante irradiato di luce, è la rappresentazione perfetta dell’amore materno, quello che Lenny Belardo, orfano, ha perduto e ricerca disperatamente.

La cometa fluttuante, che segue Pio XIII di quadro in quadro, si sposta allora da Gerard van Honthorst per approdare al Perugino, con la sua maestosa Consegna delle chiavi del registro mediano della Cappella Sistina. Il soggetto è chiaro, e posto in primo piano, centralmente: Cristo consegna le chiavi d’oro e d’argento del paradiso a san Pietro, primo di tutti i Papi. È la trasmissione del potere spirituale, a giustificazione del primato su cui si basa tutta l’autorità papale. Sullo sfondo, proprio in corrispondenza delle due figure centrali, si trova poi un maestoso edificio con cupola aurea, trasposizione del Tempio di Gerusalemme e simbolo dell’universalità del potere del Papa. La cometa, passando, l’illumina: che Lenny Belardo sia destinato a portare una nuova luce nella Chiesa e nel mondo?

Prosegue poi il lento e ponderato percorso di Lenny Belardo, che incrocia nel suo cammino la folgorazione sulla via di Damasco, quella in cui Caravaggio dipinge Saulo (San Paolo) sbalzato da cavallo in seguito alla visione di Gesù Cristo, la cui luce attraversa – e illumina – il fondo nero del peccato. Ma Cristo c’è e non si vede. Di lui cogliamo il riflesso, la grazia, ma non la figura. Proprio come per Lenny, che ha fatto dell’assenza la miglior presenza.

La cometa passa fugace, ne cogliamo unicamente il bagliore oltre la luce che delimita la tela per poi approdare niente meno che a Nicea, dove si tenne il Concilio del dogma cristiano (325 d.C). Stessa sostanza in tre Persone, Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Guai a subordinare il Figlio al Padre, guai a negare la consustanzialità. Il presbitero alessandrino Ario, che aveva osato ciò, fu destituito dalle cariche, esiliato e spedito in Illiria. È suo il corpo disteso a terra, ormai abbattuto come la sua dottrina. Ed è qui, nell’icona presente nel Monastero Mégalo Metéoron, che la cometa si fa minacciosa, con lapilli incontrollabili che spuntano dalla sua coda al pari delle azioni fatali di Pio XIII.

L’esplosione, ancora solo parziale, attraversa il cielo di Pietro l’Eremita che predica la crociata, dipinto maestoso di Francesco Hayez. È la raffigurazione della “Crociata dei poveri”, che nel 1096 vide gente di ogni sorta partire alla volta di Costantinopoli per combattere i Turchi Selgiuchidi. A guidarla vi era Pietro d’Amiens, predicatore popolare che mosse la folla al grido di  Deus le volt (Dio lo vuole). Uno slancio dettato dall’ispirazione divina, un po’ come i pensieri – e le azioni – di Lenny Belardo ostacolate, assai spesso, dalla sua dimensione umana.

Il viaggio della cometa prosegue, mentre il passo lento del Papa non tradisce angosce o emozioni al pari del suo volto di sfinge. Attraversa le Stimmate di San Francesco di Gentile da Fabriano, San Tommaso da Villanova dona le elemosina di Mateo Cerezo, Michelangelo che dà il modellino di San Pietro a Paolo IV del Passignano e infiamma le finestre dell’edificio in mattoni de Il massacro di San Bartolomeo di François Dubois, rappresentazione financo edulcorata della strage dell’agosto 1572 compiuta dalla fazione cattolica ai danni degli ugonotti.

È al di fuori della cornice del Dubois che la cometa si fa meteora e, con potenza inaudita, abbatte un Papa Wojtyla con il mano il pastorale. Si tratta della criticatissima scultura di Maurizio Cattelan La nona ora, nata in piedi e in seguito modificata per rendere meglio il senso dell’opera. E non c’è niente di meglio per trasmettere l’idea di un Papa nuovo, che strizza l’occhio e sorride beffardo, incurante del passato che lo precede e che può essere spazzato via da un enorme meteorite.

«Tra il serio e il faceto, il cristianesimo comincia con una stella cometa che, nel corso dei secoli assume sembianze diverse e misteriose come un meteorite e poi, forse, per molti aspetti diversi si trasforma in un macigno. Giocando con la magnifica opera di Cattelan, quel macigno abbatte un vecchio papa e lascia lo spazio a uno giovane: Pio XIII». Parola di Paolo Sorrentino, gente. Tutto il resto è supposizione.

Pubblicato sabato, 19 Novembre 2016 @ 10:36:11     © RIPRODUZIONE RISERVATA