"Io ho un sogno…" parafrasando Martin Luther King • Terzo Binario News

Immag1119Una poesia mia recita: Sono una bambina assai viziata/batto i piedi sulla strada…

Sono versi che mi appartengono e che forse a volte vi disturbano, miei cari lettori, perché l’esasperazione rappresentata suscita sempre reazioni contrastanti, ma non fa niente: meglio la vostra rabbia della vostra indifferenza.

Le cose scritte però hanno il pregio del suono non udito. Ogni lettore, infatti, ha la libertà di sentire suoni e voci, abbelliti dalla fantasia. Se invece si posta un video, l’immaginazione non ha più spazi dove rifugiarsi. Se quel video poi rappresenta un momento di un capriccio tipico di un ragazzo disabile gravissimo, messo a bella posta su un social, per dimostrare a tutti qual è l’inizio di una giornata tipo di una famiglia che ha in casa un ragazzo così. APRITI CIELO!

Sicuramente si pensa a una strumentalizzazione di una patologia a scopi… Quali scopi può avere una famiglia in affanno che ama il proprio figlio? Una famiglia che ha il terrore all’idea che questo ragazzo finisca in strutture dove trascorrerebbe la maggior parte del tempo semi-sedato, vista la complessità dei suoi bisogni e quindi degli interventi terapeutici occupazionali, che necessiterebbero?

Una famiglia che a denti stretti tiene duro, ma che vede ogni giorno di più diminuire le ore di assistenza, perché nel frattempo è finito il circuito scolastico e il ragazzo ha manifestato comportamenti lesivi e pericolosissimi per lui e gli altri quando è stato inserito sia in un centro diurno che in una casa famiglia del territorio per una sperimentazione, gestita e seguita interamente dai soli servizi sociali e dalla Cooperativa, che lo ha in assistenza, senza alcun supporto medico specialistico. Come senza guida terapeutica e psichiatrica sono pensati e gestiti i servizi per tutti i ragazzi di questa gravità più o meno lieve, se di lievità si può parlare in questi casi.

Allora io mi chiedo: cosa può fare una famiglia in questi casi? Una madre in questi casi che può fare? Quali risposte pensa di dare questa società a questa folla silenziosa e vergognosa che si muove strisciando lungo i muri per paura di altro male? Perché è paura, stanchezza, desolazione, malattia e dolore che non hanno silenziato questo popolo di bisognosi, che avanza e s’accresce ogni giorno di più.

E se per caso qualcuno, stufo dell’indifferenza, dell’handicap che sorride, che fa tenerezza decidesse di buttare in pasto alle facce sorridenti e sbadiglianti, di una domenica mattina come tante, gli urli e la rabbia di un disabile?

Un disabile che non trova soddisfazione nella sua vita, che però vuole vivere, vuole divertirsi e può comunque dare tanto a tutti, perché è un disabile insopportabilmente adorabile. Un disabile che ha una famiglia costretta a condurre un’esistenza a limite dell’assurdo, inseguendo una stabilità umorale del proprio figlio, una sua felicità, che però è talmente legata all’attimo fuggente, da risultare quasi inesistente.

Amici cari, sapete bene che parlo di mio figlio, che amo moltissimo, a dispetto delle mie esternazioni ridicole e disperate. Il video l’ho fatto io e l’ho postato sul mio profilo facebook, alcune reazioni, pur giustificabili, mi inducono a dare qualche spiegazione.

Dario è un ragazzo meraviglioso ma difficile, difficilissimo, ora più che allora. Ora perché essendo cresciuto ha perso i suoi riferimenti di bambino, che lo rendevano felice: giardinetti, festicciole, scuola, gonfiabili, mare pesca dei granchietti etc. La consapevolezza di essere adulto la rifiuta a priori e si rifugia nelle favole. Ha una fantasia sfrenata e un’irrequietezza nella quale mi rispecchio e soffro di più, perché posso quasi immaginare cosa baleni nel suo cervello, visto il mio confuso e agitato. Questa sofferenza è evidente nelle giornate di pianto che s’interrompono solamente, quando esce per le tre ore di assistenza mattutina, il resto del tempo è lasciato solo al padre e a me, che ho la scusa del lavoro per riposare la testa, l’altro ha la frustrazione della disoccupazione, che tale non è vista la mole di lavoro e stress con Dario. Il cuore ci si strazia ma il cervello va in pezzi ( soprattutto al papà che ci passa più tempo). Dario richiede sempre attenzione come un bimbo di pochi anni e a volte non basta neanche quella per tenerlo tranquillo. Quando poi, e questo capita spesso, ha accessi d’ira, vedendo in noi la colpa delle sue sofferenze, allora il quadro è perfetto.

È drammatico che in questo territorio l’UNITA’ TERAPEUTICA DELL’HANDICAP, formata da Psichiatra, Neurologo, Psicologo e Assistente sociale ( credo siano questi gli specialisti ), non esista. Ancor peggio è il balletto di spiccioli di ore che la Asl Rmf2 ha a disposizione per seguire la disabilità psichica. Ore, che fra l’altro sono frutto di battaglie interne e che ancora non hanno trovato un titolare psichiatra. L’annuncio dell’arrivo di un medico stabile passa da un mese all’altro, ma a tutt’oggi non c’è fisicamente nessuno che segua questo genere di problemi.

La mia non è l’unica situazione, sono certa che moltissime famiglie vivono lo stesso disagio. Propongo di formare una class-action per avere l’Unità Terapeutica dell’handicap, che sia un riferimento e guida a servizi idonei per i nostri figli, soprattutto per quei ragazzi difficili che meno si adattano ad ambienti chiusi e a esperienze ripetitive, come mio figlio, ulteriore motivo di difficoltà.

Per esempio viviamo a due passi dalla campagna, Dario, e non solo, ama molto gli animali, è così assurdo pensare a un diurno che abbracci sette / otto ore della giornata in attività di campagna e cura di animali, oltre allo sport, necessario per la postura? Certo, amici miei, se vogliamo dei servizi di miglior pregio, oltre a pretendere la supervisione medica e la concertazione con noi famiglie, dovremo imparare a dare il nostro contributo economico, proporzionato al reddito familiare, ma anche a pretendere controllo, serietà, maggiori risorse nei servizi sociali e sanitari.

Sicuramente non sono tempi facili e non basteranno due firme o qualche lettera, per dare servizi di buona qualità ai nostri figli, ma l’esperienza m’insegna che battere i piedi e stare in trincea è sempre opportuno.

Era doveroso che spiegassi perché ho messo il brutto in prima pagina, perché mio figlio è anche vostro figlio, ma se non lo vedete, non ci pensate. Non merita anche un ragazzo così grave una vita dignitosa? Non merita una famiglia, già segnata dalla fatica, dalle avversità della crisi, di avere un’esistenza più serena?

Forse anch’io faccio parte di quelli che dicono: IO HO UN SOGNO…

 

Vi lascio con una mia poesia su questo tema:

 

Lamento di una madre

Dove passi tu, figlio mio,
rimangono macerie, oggetti infranti,
pareti nude, urli disumani
che d’umana pietà non han conforto.

Sembri un disegno perverso,
una spina nella gola di traverso,
un maleficio di una strega,
un insegnamento di uno stratega,

Invece sei solo un fallato disperato,
mai domo e rassegnato
in cerca di avventure e cose nuove,
che il cuore di madre ha dannato,
che inutilmente ha cercato
con fatica e disperazione

di aggiustar il rotto innato,
con la testardaggine dell’amore
che a nulla serve, se non a soffrire!

Pubblicato domenica, 22 Novembre 2015 @ 14:04:17     © RIPRODUZIONE RISERVATA