Dubai, il Paese delle meraviglie e delle contraddizioni • Terzo Binario News

Dubai, il Paese delle meraviglie e delle contraddizioni

Apr 14, 2013 | Mondo

Atterrare a Dubai nel 2013 rimane uno choc per chiunque. Chi non è mai andato in un paese che si affaccia sul Golfo Persico, rimane abbagliato mentre chi mancava da questo paese da anni, come il sottoscritto, rimane sconvolto.

Il primo rimane abbagliato e stupito perché probabilmente si aspettava di sbarcare in un paese moderno certo ma corredato comunque di cammelli e donne velate, frutto dell’immaginario collettivo e dei luoghi comuni che colpiscono il mondo arabo. Anche se le strategie di comunicazione dello Sceicco Mohammed Al Maktoum hanno reso il piccolo emirato di Dubai una delle mete più famose del mondo, l’impatto rimane veramente molto forte.

Chi si riaffaccia sul Creek (il braccio di mare che taglia Dubai in due) dopo diversi anni come me, si aspetta ovviamente che la città sia cambiata, conoscendo la propensione allo sviluppo della famiglia regnante, ma non può immaginare, prima di vederlo con i propri occhi, che in meno di dieci anni, da queste parti si sia costruito l’equivalente di Manhattan o giù di lì.

Tutto a Dubai è fatto per stupire. Come la pista di sci nel bel mezzo del deserto, inserita all’interno del Mall of the Emirates (http://www.malloftheemirates.com), il Dubai Mall mega centro commerciale dalle dimensioni inconcepibili per chi vive in Europa (per avere una piccola idea andate su www.thedubaimall.com), come il Burj Khalifa (www.burjkhalifa.ae), l’edificio più alto del mondo con i suoi 828 metri (e gli 80 euro che bisogna spendere se la visita non è stata prenotata per salire al 124esimo piano per ammirare il panorama), oppure l’ammasso di grattacieli di Dubai Marina, mega struttura con migliaia di posti barca per super ricchi (www.dubai-marina.com) o ancora le mega isole artificiali a forma di palma per quelli più ricchi dei super ricchi, il Burj Al Arab, l’unico albergo a sette stelle del mondo (www.virtual-burjalarab.com/), la linea della metropolitana (che corre al 90% in superficie) più lunga del mondo con i suoi 64 chilometri, bellissima, pulitissima nonché controllatissima e altre centinaia di cose che non troverete mai concentrate in un posto solo in nessuna altra parte del mondo.

Ma come si concilia questa modernità, questo lusso sfrenato con il mondo islamico? Le interpretazioni più rigorose del Corano, infatti, non vedono di buon occhio il nuovo che avanza. Per dirne solo una, in Arabia Saudita non esistono cinema perché, secondo l’interpretazione del libro sacro data dai wahabiti (una delle più intransigenti dopo quella dei talebani), siccome il Corano non racconta episodi legati al cinema, non se ne possono costruire.

Qui si apre un capitolo che coinvolge di fatto tutta la regione. I rapporti dell’Emirato di Dubai con i suoi vicini sono particolarmente complessi e articolati. Bisogna prima di tutto ricordare che Dubai è uno dei sette emirati che compongono gli Emirati Arabi Uniti (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajman, Umm Al Qwain, Ras El Khaimah e Fujeirah). Ognuno di loro ha il suo governo, le sue leggi, le sue convenzioni. Abu Dhabi è la capitale del paese e la famiglia Al Nahyan governa l’intero paese oltre all’emirato di Abu Dhabi. Il governo centrale, come in ogni federazione che si rispetti è composto da membri di tutti e sette gli emirati.

Basata percorrere pochi chilometri e i primi contrasti appaiono immediatamente visibili a occhio nudo. Dubai e Sharjah sono sostanzialmente attaccati l’uno all’altro, anche se ovviamente la frontiera non è visibile. Eppure basta percorrere pochi chilometri per entrare in un altro mondo, molto severo dal punto di vista dei costumi. A Sharjah le donne velate (parzialmente o interamente) sono molto più frequenti e mentre Dubai è la capitale di tutto quello che brilla e scintilla, Sharjah si è autoproclamata capitale culturale degli Emirati. Al di là degli abbracci che si scambiano i regnanti dei due micro stati, la concorrenza tra Dubai e Sharjah è feroce. Sharjah guarda con estremo sospetto al vicino libertino che consente ai grandi alberghi di vendere alcol senza restrizioni e lascia circolare impunemente nelle strade di Dubai donne poco vestite. Ma si sa, anche da queste parti la concorrenza è una faccenda di soldi e non di morale. Allora Sharjah pratica affitti molto contenuti e negli anni è diventata una città dormitorio per quelli che lavorano a Dubai ma non si possono permettere gli affitti da 50.000 euro l’anno . La filosofia di Dubai è molto lontana da quella rigida di Sharjah: il concetto si può riassumere in una frase: “Voi portate il vostro know-how, le vostre competenze e noi vi offriamo il meglio, potete fare quello che vi pare (o quasi)”. Business in cambio di libertà.

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Dubai comunque non si lascia imporre nulla e quando costruisce infrastrutture lo fa cercando di danneggiare il più possibile il vicino oltranzista. Quando costruisce le strade le fa a sei corsie per ogni senso di marcia, meno quella che va verso Sharjah. Così, magari un giorno, i pendolari si stuferanno di rimanere imprigionati in un traffico allucinante la mattina per andare al lavoro e la sera per tornare a casa. Magari si decideranno a fare qualche sacrificio, a spendere quei soldi che servono per affittare un appartamento, magari più piccolo, a Dubai dando così un nuovo impulso al terrificante indotto che scaturisce dalla sua impostazione stessa.

Quando Dubai costruisce la metropolitana, la fa scorrere lungo la frontiera invisibile che la separa da Sharjah di modo che i pendolari ne possano usufruire ma con alcuni, notevoli, disagi.

Sharjah quindi negli anni ha assunto l’aspetto dimesso della città dormitorio, con grattacieli che sembrano le brutte copie di quelli di Dubai, una città che sembra la sorella povera (povera?) della Dubai scintillante e dal glamour esagerato.

Gli altri cinque emirati sono fuori da questa lotta fratricida e cercano di ritagliarsi un loro spazio, una loro nicchia. Abu Dhabi è la capitale e quindi, ovviamente, ottiene il rispetto dovuto a chi comanda. Dubai è particolarmente riconoscente alla capitale perché, quando è scoppiata la prima crisi economica della storia nel 2009, è stata Abu Dhabi a fornire i soldi necessari a finire certe opere che altrimenti non sarebbero state completate. La mancata apertura dell’edificio più alto del mondo, strombazzato per anni sui media di tutto il mondo, sarebbe stata una figuraccia in mondovisione per Sheikh Mohammed Al Maktoum che si è dovuto umiliare a chiedere aiuto ai fratelli più ricchi di Abu Dhabi, quelli col petrolio. Già perché forse non tutti sanno che l’Emirato di Dubai ha pochissimi idrocarburi (meno di un ventesimo di Abu Dhabi) e pochi sanno anche che la famosa torre Burj Khalifa si doveva chiamare Burj Dubai ma siccome Sheikh Khalifa Al Nahyan (Governatore di Abu Dhabi e presidente degli Emirati Arabi Uniti) ha tirato fuori i soldi necessari all’ultimazione del grattacielo più alto del mondo, qualcuno ha pensato bene che sarebbe stato carino intitolare l’opera al suo benefattore.

Gli altri emirati “vivacchiano” (tendendo conto che da soli hanno un PIL superiore a quello italiano, questo non va mai perso di vista per avere sempre le giuste proporzioni), chi provando a stimolare il turismo, chi buttandosi sul commercio totalmente liberalizzato dell’alcol, insomma ognuno cerca di avere una propria caratteristica pur sapendo perfettamente che non potranno mai competere con Abu Dhabi e soprattutto con Dubai.

Ma come hanno vissuto le “primavere arabe” gli emiri di Dubai? In due modi: ufficialmente e ufficiosamente. Ufficialmente, congratulandosi con Tunisini, Libici ed Egiziani per l’impulso dato alla democrazia (come se la democrazia fosse la norma nei paesi del Golfo…) ma ufficiosamente l’hanno vissuta in maniera estremamente preoccupata.

Quando alcuni dimostranti si sono radunati davanti all’ambasciata egiziana è stato comunicato loro che queste cose era bene che le facessero a casa loro. Quando dei cittadini siriani hanno fatto lo stesso davanti alla propria ambasciata per contestare il regime di Assad hanno provveduto ad arrestarne un bel po’ e li hanno rimandati a Damasco, sapendo perfettamente a quale tragico destino andavano incontro. Insomma le rivoluzioni democratiche sono bellissime, basta che le facciano gli altri!

Alcuni cittadini di Dubai si sono radunati ed hanno manifestato in favore delle rivoluzioni democratiche contestando alcune prese di posizione dell’attuale governo. Per la prima volta nella storia degli Emirati sono stati arrestati e sono ancora in galera. Per la prima volta perché è estremamente difficile che un cittadino locale possa finire in gattabuia se non ha ammazzato una ventina di persone (esagerazione che però intende dire che un cittadino locale è sempre estremamente privilegiato nel caso debba comparire davanti ad un tribunale).

E per la prima volta alcuni intellettuali si sono pronunciati esplicitamente contro alcuni vicini “scomodi”.

In primis l’Iran che da sempre ma soprattutto adesso in tempi di embargo finanziario, utilizza Dubai come fonte di approvvigionamento e di transito di valuta pregiata. Da un po’ di tempo a questa parte le transazioni finanziarie sono finite sotto la lente d’ingrandimento delle autorità di Dubai e le navi che attraversano il Golfo Persico sono controllate con maggiore cura.

E infine il Qatar, la vera eminenza grigia di tutte le rivoluzioni arabe: queste rivoluzioni che, a mano a mano che passa il tempo, perdono sempre di più il loro aspetto poetico, la loro anima “popolare”, la loro spontaneità. E siccome il Qatar è molto vicino agli Emirati ed ha la fastidiosa tendenza a mettere il becco negli affari interni degli altri paesi gli Emirati si stanno cautelando. Al di là delle dichiarazioni di facciata in cui ci si vuole tanto bene in nome dell’unità dei paesi del Golfo, la stessa Al Jazeera, vero megafono di tutte le rivolte “popolari” arabe, viene vista con crescente sospetto.

Dubai è sicuramente una realtà in fortissima crescita economica malgrado siano passati ormai quasi quarant’anni da quando fu progettato il primo grattacielo e lo sarà ancora per chissà quanto tempo. Ma di sicuro non è più quel paese spensierato in cui godersi la vita dopo aver lavorato sodo per dodici ore al giorno per sei giorni la settimana. Le trasformazioni che sta vivendo il paese sono direttamente collegate a quello che succede nel mondo arabo che un tempo sembrava così lontano. Il Bahrain ribolle sotto la cenere, il Qatar e l’Iran costituiscono due minacce sempre incombenti anche se sostanzialmente diverse tra loro, l’Arabia Saudita è sempre più preoccupata e cerca soluzioni interne, la Siria e l’Iraq sono delle polveriere e di conseguenza Dubai cerca di tutelare il suo unico tesoro, la sua offerta impareggiabile. Fare del business (qualche volta anche spericolato) in un piccolo paradiso artificiale.

Ma questo i turisti che stanno per sbarcare a Dubai non lo noteranno mai perché se c’è una cosa che sanno fare benissimo a Dubai è far finta di niente!