Una volta c’erano valvole, schermi al fosforo verde e programmi che rispondevano a determinati input. Oggi la tecnologia del mondo del mondo del gaming è profondamente cambiata e le nuove frontiere dell’innovazione stanno portando il digitale a quasi un’autonomia d’azione dei software. È quello che in pratica noi descriviamo come Intelligenza Artificiale, ovvero la capacità di un programma di poter interagire con gli input che un essere umano offre in maniera autonoma, seguendo una propria logica. E questo avviene anche nel mondo del gaming, nelle sue diverse tipologie, non solo in software molto pesanti ed evoluti dei videogame che utilizziamo per laptop o console come Playstation o Xbox ma anche per software più leggeri come le piccole app per smartphone, i browser game o i giochi di casinò come le slot, game show come il gioco Crazy Time o crash game come Aviator. Ma in cosa questa tecnologia è avanzata e perché l’AI sta rivoluzionando questo campo? Gli sviluppi degli ultimi anni stanno portando a scenari incredibili, tanto da riempire le aule di scienziati e umanisti di discussioni e dibattiti.
AI, videogame ed etica
La questione dell’AI nel mondo di oggi e in quello del futuro apre a diversi dibattiti. Ma andiamo con ordine. Fino a poco tempo fa la tecnologia era qualcosa con cui interagire e dove in base all’input dato da un nostro comando il computer rispondeva con una logica ferma. Oggi le cose sono cambiate e l’interazione tra macchina ed essere umano sta diventando quasi alla pari, con un’autonomia decisionale, lato macchina, impressionante. E questo, che apre anche ad una questione etica sull’opportunità che un apparato elettronico possa o meno avere una “coscienza” propria, si riflette anche nel mondo del gaming. Non c’è più una trama pre ordinata dagli sviluppatori ma un’avventura videoludica che si evolve e si dipana a seconda delle scelte che il gamer compie passo passo all’interno del gioco. E questo perché la tendenza degli sviluppatori e delle case di produzione ludica spingono sempre più a dei giochi che siano totalmente personalizzabili in tutto, anche nell’interazione che il giocatore ha con i personaggi e le ambientazioni. Trame e avventure che si sviluppano a seconda delle proprie scelte ma anche in base alle “reazioni” dell’intelligenza artificiale del gioco stesso. E questo grazie anche al cosiddetto machine learning, cioè la possibilità della macchina di poter apprendere da sola in base ai nostri gusti, le nostre scelte e i nostri input, ma anche insegnando ad altre macchine quello che ha appreso. Sembra un libro di Asimov ma è la realtà, così come dimostrato in un progetto che è stato messo in piedi dalla Electronic Arts insieme all’University of British Columbia di Vancouver. E la discussione continua, soprattutto verso una tecnologia in grado di stimolare il cervello umano per capire soprattutto chi programmerà chi? L’uomo continuerà ad essere centrale in questo processo?
I videogame
Tralasciando per un momento la questione morale bisogna dire che questa tecnologia è da sempre esistita anche nel mondo dei videogame. Si pensi al semplice Tris: anche in quel caso una macchina reagiva all’azione dell’uomo cercando di contrastarlo nel gioco. Ma anche ai giorni attuali con i giochi di calcio o magari di Formula1 dove gli avversari virtuali devono reagire ad un sorpasso o a un dribbling. E questo, per le case di produzione di videogiochi, si traduce in una nuova, grande sfida: quella di offrire all’utente massimo realismo. Non c’è solo la questione grafica e sonora da portare ad un livello più elevato ma anche e soprattutto la game experience. Come si comporta il gioco se il giocatore esegue un’azione? Non si può più pensare ad azioni preordinate ma ci deve essere un comportamento ogni volta diverso a seconda delle situazioni. Così il gioco diventa più appassionante, coinvolgente e stimolante.