Civitavecchia, dall'"imperatore" Cordelli ai prestanome: i ruoli della truffa carosello • Terzo Binario News

Civitavecchia, dall'”imperatore” Cordelli ai prestanome: i ruoli della truffa carosello

Ago 16, 2017 | Civitavecchia, Cronaca, Ladispoli, Montalto di Castro, Oriolo Romano, Santa Marinella, Tarquinia

Alessandro Cordelli, 37 anni nato e domiciliato a Civitavecchia. Secondo gli inquirenti era lui ‘l’ammiraglio’ o ‘l’imperatore’ dell’organizzazione che sarebbe riuscita ad evadere 18milioni di euro di Iva, come emerso dalla maxi inchiesta della Finanza di Frascati. Al centro della frode un giro di tablet, i-pad, console di gioco commercializzati a prezzi stracciati che ha portato a 21 indagati di cui 5 a piede libero.

Secondo quanto emerso proprio Cordelli sarebbe stato il ‘personaggio di spicco’ dell’organizzazione. A farne parte anche Andrea Cesarini, classe ’76 nato a Tarquinia e residente a Montalto di Castro, punto di riferimento, secondo il ‘gip’ per i pagamenti alle teste di legno.

Paolo Rapone nato e residente a Civitavecchia e Luciano Todde nato a Santa Marinella e domiciliato a Oriolo Romano avevano invece il compito di gestire le teste di legno, sempre sotto gli ordini di Cordelli. I due vengono definiti dal giudice, nell’ordinanza di arresto, come ‘sempre alla frenetica ricerca di nuovi prestanome’. Ma non solo. Tra i loro compiti c’era anche il ‘coordinamento e la gestione delle cartiere nazionali ed estere’ che, secondo quanto emerso dalle indagini avveniva in quella che era definita ‘la stanza dei giocattoli’, ossia la base dell’organizzazione. 

A fare invece da anello di congiunzione tra le direttive impartite da Cordelli e l’attività di coordinamento e gestione delle cartiere c’erano quattro donne, scelte proprio proprio ‘dall’imperatore’: Ida Manzo nata a Capua e domiciliata a Civitavecchia, Manuela Peroni nata e domiciliata a Civitavecchia, Adriana Carolina Rugiero, nata in Argentina e domiciliata a Reggio Emilia  e Carla Bendini, nata a Compogalliano e domiciliata a Modena. 

Infine ci sono i prestanome che, come riportato nei documenti dell’inchiesta, avrebbero fornito in maniera consapevole le proprie credenziali per diventare “formali amministratori delle missing trades nazionali e comunitarie e interponenti finali”. I prestanome, sempre secondo quanto sottolineato dal gip erano consapevoli degli illeciti compiuti e “talvolta, quando apprendono che la società di cui sono amministratori si avvicina alla cessazione dell’attività, chiedono di poter rimanere nel contesto manifestando la propria incondizionata disponibilità”. Nell’ordinanza di arresto, il giudice prende ad esempio il viterbese Marco Fumarola, presunto prestanome che non appena venuto a conoscenza della “dismissione della Wfm srl per trasferimento all’estero, chiede di poter avere qualche altro incarico”. 

Al gradino più basso dell’organizzazione, c’erano poi le “persone impiegate nelle sedi provvisorie (puntualmente e sistematicamente cessate dopo pochi mesi)” attivate dalle cartiere, secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, per evitare di destare dei sospetti.  E tra gli indagati a piede libero, all’interno della maxi inchiesta condotta dalle fiamme gialle figura anche Rosario Mignolo, nato a Milano ma domiciliato a Ladispoli.