“Se i politici lo rifiutano, invece i ragazzi lo accettano con piacere. Parliamo della diversità. Chiunque abbia un po’ di cervello si rende conto che ciascuno di noi è differente da chiunque altro, che ciascuno di noi è unico.
Noi tutti siamo diversi fra noi in molteplici aspetti e l’unico punto in cui dobbiamo essere ritenuti uguali è davanti alla Legge e nell’esercizio dei diritti e dei doveri. Ma a chi vuole il potere, solo per comandare e non per rappresentare il popolo, fa comodo far credere che in un certo gruppo siamo tutti omologati e ci siano altri gruppi i quali, essendo diversi da noi, devono essere combattuti, come ad esempio gruppi di lingua diversa o cultura diversa. Ebbene all’Istituto Comprensivo “Don Lorenzo Milani” di Cerveteri si mostra che il contatto con diversità linguistiche o culturali comportano la conoscenza di nuove interessanti informazioni che soddisfano quella curiosità innata che solo nelle persone intelligenti rimane costante, anzi cresce sempre di più. Ma cosa c’è di meglio dell’avvicinarsi del Natale, festa della pace per antonomasia, per arricchirsi di notizie e curiosità?
Tutto è iniziato nel massimo della dolcezza. Il 22 novembre, la signora Mirella, nonna del nostro allievo Matteo Russo, stimolata dalla professoressa Stefania Giovanna Capone, ha voluto far conoscere la bontà delle deliziose “pettole” che per tradizione, nella sua città di origine, Taranto, vengono fritte la notte del 22 novembre (santa Cecilia) e date in dono ai bambini ed alle bande musicali che girano per la città suonando le tipiche musiche pastorali tarantine. La parola pettola deriva probabilmente dal greco antico, con il significato di ”palline” o “cuscini”. Le pettole sono anche note come i cuscini del bambino Gesù, con cui i tarantini, appunto, danno inizio al periodo natalizio che comincia proprio il 22 novembre.
Molte sono le leggende sull’origine delle pettole, Una di queste narra di un’umile donna di Taranto che, mentre preparava il pane per il Natale, sentì un gran baccano proveniente dalla finestra. Incuriosita, si affacciò e vide un corteo di zampognari sfilare per le vie della città. Decise allora di scendere in strada e partecipare alla sfilata, ma dimentico il pane e, al suo ritorno, la donna trovò la pasta del pane eccessivamente lievitata: il pane non si poteva più preparare e, non volendo gettare via tutto, decise, di spezzettare quella pasta e di gettarla nell’olio bollente dove le palline cominciarono a gonfiarsi e, così, nacquero le pettole.
Nel nostro caso i ragazzi, invece di girare per Cerveteri, si sono riuniti nel plesso de I Terzi, hanno intonato una canzone e ciascuno ha raccontato le tradizioni del proprio Paese di origine , vivendo momenti intensi e carichi di significato. Si è cominciato con lo scoprire che le “pettole”, pallottole di pasta di pane molto lievitata, molto morbide e fritte nell’olio bollente poi servite cosperse di zucchero o sale, sono diffuse anche altrove e sono note con altri nomi: “zeppole”, “crispelle”, “stringioli”.
Ma se a Taranto il periodo natalizio comincia il 22 novembre, altrove è diverso e si scopre la storia di Santa Claus alias Babbo Natale. Infatti nel nord Europa, Babbo Natale porta i doni il 6 dicembre (o il q8 dicembre se si usa il calendario giuliano) perché Babbo Natale (o Santa Claus) non è altri San Nicola, vescovo di Mira (oggi Demre, città dell’odierna Turchia) le cui spoglie furono traslate a Bari (per cui è noto anche come San Nicola di Bari), protettore della Russia, dei naviganti e dei bambini. Di lui si racconta, fra l’altro, che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste, e che per questo è considerato il Protettore dei bimbi. L’appellativo Santa Claus deriva da Sinterklaas, nome olandese di san Nicola.
Ma ecco di seguito le tradizioni natalizie raccontate direttamente dai ragazzi.
Lara Agosta Belen ha parlato dell’Ecuador:
“In Ecuador il periodo natalizio inizia a metà novembre, quando si prepara l’albero di Natale e il presepe. La popolazione è molto religiosa e ogni sera le famiglie si riuniscono per fare la novena, un rituale che termina la sera della vigilia.
La cena di Natale è a base di pollo o tacchini ripieno, accompagnato da riso e varie insalate. I dolci tipici sono “los buñuelos”, simili a frittelle, “los pristiños”, con farina d’avena, miele e formaggio, “los migos” con queso, a base di fichi con il primo sale, “los quimbolitos”, con farina e uva passa, cotti al vapore.
La sera di Natale c’è la messa chiamata “Misa del Gallo” o “Misa del niño”; a mezzanotte i bambini ricevono i regali e una bustina piena di biscotti, cioccolatini e caramelle.”
Valentino Ungureanu ha parlato di Romania ed Ungheria:
“La vigilia di Natale i sacerdoti vanno in giro per le case ad annunciare la nascita di Gesù, accompagnati da ragazzi maschi. I ragazzi pronunciano la parola “Chiraleisa”, che vuol dire misericordia; poi, il sacerdote benedice la casa e, in seguito, le famiglie iniziano ad addobbare l’albero. La notte si va in chiesa per la messa e poi si torna a casa, ad aspettare Babbo Natale.”
Aurora Tamanti ha parlato della Slovenia:
“Durante il periodo dell’avvento, il 6 dicembre i bambini puliscono bene le proprie scarpe e le mettono alla finestra per ricevere un dono da San Nicola. Nelle case dove ci sono bambini vengono organizzate feste. Gli adulti si mascherano da San Nicola, da diavolo e da angelo. I bambini cantano mentre aprono i loro doni, si cucinano i “Medonníky”, biscotti al sapore di miele decorati con glassa bianca, che sono utilizzati anche per addobbare gli alberi di Natale. Alcuni slovacchi aggiungono un posto a tavola per consentire ad un inaspettato visitatore di cenare con loro, altri mettono dei soldi sotto la tovaglia come simbolo di ricchezza e futura e fortuna. Dopo cena si usa tagliare una mela in senso orizzontale e, se al centro si rileva una perfetta stella, allora è auspicio di buona fortuna per l’anno a venire.”
Denise Totu ha parlato di Romania e Ungheria:
“Per I Romeni, le feste invernali iniziano a Sant’Andrea (il 30 novembre) e finiscono a San Giovanni (il 7 gennaio). Si tratta di un mix di tradizioni, usanze e costumi, alcuni provenienti dal periodo pre-cristiano.
La tradizione vuole che la notte tra il 5 e il 6 dicembre San Nicola arrivi a portare doni e dolci ai bambini buoni e ramoscelli ai bambini cattivi. I bambini preparano i loro stivali e vanno a letto a presto. San Nicola guarda attraverso le finestre e, se i bambini stanno dormendo, lascia loro dei doni mettendoli negli stivali.
Secondo la leggenda, infatti, Nicola era un vescovo molto buono e generoso, che aiutava i bisognosi. Una volta, venuto a sapere che c’erano delle ragazze che non potevano sposarsi perché erano troppo povere, lasciò loro in dono dei sacchetti con delle monete d’argento ma, per non farsi vedere, lasciò scivolare i sacchetti attraverso il camino e uno di essi cadde in un calzino che era appeso ad asciugare. È questo il motivo per cui oggi i bambini appendono i loro calzini al camino o preparano gli stivali per ricevere i doni.”
Uvis Zentelis ha parlato della Lettonia
“La sera della vigilia di Natale si passa sempre in famiglia.
Ci si riunisce e tutti insieme si preparano i biscotti di pan di zenzero.
I bambini vanno a letto a presto e aspettano Santa Claus che nella notte porterà i regali.”
Sofia Nagra ha parlato dell’India
“In India non si festeggia il Natale, ma ci sono due feste molto importanti.
La prima è “Diwali” la festa della luce. È ispirata al ritorno di Rama, incarnazione della divinità Vishnu, dopo diversi anni di esilio.
I riti che si accompagnano al “Diwali” sono la preparazione di piatti e dolci tipici, e l’accensione di candele e fiaccole che vengono sistemate in ogni casa e appese ai cancelli delle case. Il Diwali celebra la vittoria della luce sul buio, del bene sul male.
La seconda è “Holi”: la festa dei colori. Celebra la fine dell’inverno e dell’inizio della primavera. Dalle vie di New Delhi fino a quelle di Mumbay, l’Holi viene festeggiato praticamente ovunque. L’atmosfera si riempie di gioia e allegria, e i bambini si divertono a lanciare polveri colorate nell’aria.
Nelle varie città ci sono manifestazioni con canti e balli, da cui si esce interamente ricoperti da un mix di tutti i colori dell’arcobaleno.”
Come abbiamo visto, molte sono le cose che ci legano anche se parliamo lingue diverse o abbiamo culture diverse e per il prossimo appuntamento, il “Presepe Vivente” che si terrà a Valcanneto il 17 dicembre, anche i bambini di religione mussulmana parteciperanno con gioia perché, diversamente da chi è in malafede, hanno compreso il messaggio di pace lanciato da Chi, per loro, è comunque un grande Profeta.