“In eterno nel mio cuore”. Così Antonio Ciontoli, il sottoufficiale dalla cui pistola domenica notte è partito un colpo mortale, ha postato su Whatsapp una foto di Marco Vannini.
La frase, scritta con un pennarello nero, è stata inviata anche al cellulare del cugino di Marco, Alessandro Carlini, al quale arrivano anche i messaggi della fidanzata della vittima, Martina che ripete: “Ora basta: ho detto di non scrivermi, di non messaggiare più”.
“Non voglio né sentirla, né vederla più”, commenta Alessandro. Eppure, due giorni fa, la ragazza era andata anche ai funerali, accompagnata dal fratello Federico. “Ma con quale coraggio continua a ripetere che la sua vita senza Marco è finita, che lei è distrutta dal dolore – commenta Alessandro – Le ho pure detto di non accostarsi ai genitori di Marco, che di lei non vogliono più saperne niente, così come della sua di famiglia che continua a inviare messaggi di dolore, di voler vedere i familiari di Marco, per star loro vicino in questo momento tremendo. Se solo avessero detto subito la verità – aggiunge Alessandro – non ci sarebbero stati problemi; ma adesso, che insistono a coprirsi l’uno con l’altro, proprio no. Basta. Con noi è finita”. Alessandro non urla, non strepita. Soffre molto per questa morte assurda, per questa tragedia capitata come un fulmine a ciel sereno. Dove niente sarà più come prima. E che forse si poteva evitare.
“Perché io credo nella ipotesi dell’incidente ma non tutti la pensano come me – dice Alessandro – E questo sbandierato amore nei confronti di Marco, allora? Potevano dire subito come erano andate le cose, potevano chiamare subito i soccorsi, magari. Magari si sarebbe salvato. Perché attendere l’invio di un’altra ambulanza dopo aver chiesto l’annullamento nella stessa prima chiamata arrivata al 118 quando Marco era ancora cosciente e vigile e chissà a fior di labbra avrà detto alle persone presenti quella sera che cosa era successo. Perché annullare la chiamata, dicendo che c’era un giovane che aveva avuto un grosso spavento che era scivolato su qualcosa di appuntito ma che non era grave. Come c’è una pallottola infilata in un braccio e non ti preoccupi di chiamare subito il 118 , con a bordo un medico? Non era grave: quando è arrivato al Pit Marco era già in coma. E non ha più ripreso conoscenza”.
Ecco dunque che i genitori del diciannovenne aspettano solo di potersi rassegnare, dopo aver capito l’esatta dinamica dell’incidente. Non inveisce Alessandro, ma anche lui è molto provato, perché gli zii sono inconsolabili e tormentati interiormente da interrogativi che per il momento non hanno riposte. “Ma la verità – dice – prima o poi dovrà venire fuori”.
E se i familiari di Ciontoli possono non rispondere all’interrogatorio del magistrato, V., la fidanzata di Federico presente a quella cena quella sera, dovrà invece rispondere almeno come persona informata dei fatti. E forse qualche tessera del mosaico potrà cominciare a incastrarsi.