Sulla discarica di Cupinoro si sono spese molte parole, ma raramente si è visto intervenire nel dibattito un ex dipendente, uno tra i 21 che a seguito della errata gestione dell’azienda del Comune di Bracciano ora non ha più un lavoro.
A dirci la sua su Cupinoro è Franco Ridolfi, che lavorò prima nella segreteria dell’ex Sindaco Negri per poi passare alla Bracciano Ambiente.
Per Ridolfi “È da un bel po’ di tempo che molte persone si sentono autorizzate a fare commenti e considerazioni sulla discarica di Cupinoro; il più delle volte semplicemente inadeguati o intempestivi, per il resto del tutto insignificanti: c’è chi ancora oggi chiede, solo per fare un esempio, perché non siano state escusse le fidejussioni dei vecchi gestori nel 2004, quando proprio l’accertamento dell’assenza delle fidejussioni fu uno dei motivi dei provvedimenti intrapresi”. La requisizione da parte del comune della discarica nel 2004 arrivò proprio per scongiurare un disastro ambientale, visto che la precedente società non era in grado di garantire economicamente la corretta gestione dei rifiuti.
Sempre Ridolfi aggiunge che “c’è chi oggi denuncia la “gravissima” circostanza dei teli strappati dal vento che, lasciando scoperti i rifiuti, creerebbero chissà quale catastrofe epocale, evidentemente ignorando che per anni e anni non c’era nessuna traccia di teli, e così via.”
Secondo Ridolfi dal punto di vista manageriale il vero errore sta nella gestione di due impianti realizzati nella discarica, quello a biogas e quello di trattamento del percolato. Secondo gli intenti della Bracciano Ambiente l’uno doveva alimentare energeticamente l’altro. Ci racconta infatti Ridolfi: “L’unico, vero aspetto di notevole rilevanza inerente la materia, se non altro per l’entità delle conseguenze economiche ed ambientali, è però semplicemente ignorato: nell’area della discarica di Cupinoro insistono due impianti per il trattamento degli inquinanti, ambedue praticamente fermi. Cosa comporta questo?
In estrema sintesi.
Il primo, di proprietà di una società privata, dovrebbe (il condizionale è ovviamente d’obbligo) captare il biogas di discarica e trasformarlo in energia elettrica che, venduta poi all’ENEL, comporterebbe (il condizionale è sempre d’obbligo), oltretutto, una “royalty” per la Bracciano Ambiente (quindi per il Comune di Bracciano, quindi per i cittadini di Bracciano) nell’ordine dei 500.000 €/anno (un miliardo l’anno delle vecchie lirette, per intenderci). Soldi persi; non solo.
Il recupero del calore prodotto da questo impianto dovrebbe (il condizionale è ancora d’obbligo) essere utilizzato per lo smaltimento del percolato prodotto dalla discarica, pratica per la quale, invece, si dovrebbero spendere circa 8/900.000 €/anno.
A causa delle enormi difficoltà (i cui responsabili si stanno giorno per giorno individuando da parte degli organi inquirenti) della Bracciano Ambiente, quindi, non soltanto si perde una montagna di soldi ogni anno, al mezzo milione di euro dell’impianto del biogas vanno infatti aggiunte le perdite causate dal mancato funzionamento dell’altro impianto, ma, oltretutto, non potendosi effettuare il regolare asporto del percolato a causa della carenza di liquidità, si espone concretamente l’intero comprensorio al notevolissimo rischio ambientale conseguente alla fuoriuscita del liquido inquinante!
Di tutto questo la vera, reale, concreta ed immediata perdita di cifre astronomiche e l’altrettanto vero, reale, concreto ed immediato rischio di disastro ambientale non si parla! Perché?”
Su queste ultime dichiarazioni di Ridolfi nei giorni scorsi anche la procura di Civitavecchia è intervenuta, rinviando a giudizio il Sindaco Sala e Di Matteo proprio per il danno erariale causato dalla realizzazione e mancato funzionamento di questa impiantistica. Oltre 1.200.00 euro pendono ora sulle teste dei due. Vedremo come evolverà l’inchiesta.