Avevamo appreso ieri, a mezzo Facebook, attraverso una dichiarazione del sindaco Alessio Pascucci (LEGGI ARTICOLO), della notizia di minacce e atti intimidatori verso l’Assessore Francesca Cennerilli.
Terzobinario ha quindi contattato l’Assessore per capire le dinamiche degli eventi.
– Assessore, ho letto che non è la prima volta che lei viene minacciata o subisce atti intimidatori.
“Si tratta della terza volta. La prima volta è stata in campagna elettorale. Mi venne disegnato sul cofano della macchina il simbolo della lista che rappresentavo. Ho dovuto completamente rifare il cofano. Un’altra volta è accaduto vicino alla sede di “Anno zero” e, come ora, mi hanno rotto il vetro, senza toccare o rubare nulla. In maniera assolutamente vigliacca. Come ritengo sia vigliacco scrivere commenti o insulti su di me su Facebook, ben sapendo che io non ho Facebook e non posso rispondere, e quindi non c’è il contraddittorio. Per fortuna leggo, da quello che le persone mi fanno vedere, che si tratta di commenti personali, pertanto vuol dire che non hanno altro a cui attaccarsi, nulla da dire sul lavoro. Quando leggo nei commenti che si parla di “handicappati”, “negri” o altro, penso sempre che sarebbero esperienze che questa gente dovrebbe fare, dovrebbe ritrovarsi a vivere in un paese alla disperata ricerca di un lavoro senza sapere la lingua, senza avere qualcuno che li aiuti, o avere un figlio diversamente abile senza un’amministrazione che lo supporti.
Poi però queste stesse persone le vedi arrivare negli uffici comunali, accompagnati dall’amico politico, per cercare di avere agevolazioni, o passare avanti ad altri. Ma per fortuna il “mio” ufficio è fatto di persone competenti, di professionisti che sanno chi hanno davanti, e conoscono le regole, senza favoritismi. Voglio pensare che l’Amministrazione che rappresento sta facendo capire che non è così che funziona, e per questo ne pago le conseguenze.”
– Ha una vaga idea di chi possa essere stato?
“No, saranno le indagini dei Carabinieri a scoprirlo. Io so solo che si tratta di azioni vigliacche e, a casa mia, questo tipo di azioni si chiamano mafia. Ma la mentalità mafiosa vorrebbe che davanti a questi gesti la “vittima” abbassi la testa. Io invece la testa non ci penso neanche ad abbassarla. Anzi. Voglio credere che siamo riusciti a rompere un sistema.”
– Lei ha dei figli, credo che questi atti turbino più loro che lei.
“A me, infatti, dispiace che in tutto questo a rimetterci è la mia famiglia, la stessa con la quale ho condiviso questo progetto politico, che mi ha aiutata, ben sapendo che sarei andata a percepire uno stipendio di molto inferiore al mio precedente e a vivere “in trincea”, affrontando e aiutando ogni giorno situazioni di disagio. Anche mio marito è un professionista, radicato sul territorio, condividiamo la stessa passione politica, e ritengo ingiusto non poterci neanche godere un caffè al bar come due liberi cittadini.”