Alla ormai famigerata Odissea pendolari, che la nostra testata segue da mesi con vivo interesse, aggiungiamo oggi un nuovo capitolo. Abbiamo iniziato l’inchiesta con lo scopo di comprendere ed analizzare le esigenze e le aspettative di coloro che si recano quotidianamente al lavoro usufruendo dei trasporti pubblici, treno su tutti. Riteniamo quindi opportuno provare, per una volta, a scavalcare la barricata e ad ascoltare anche la voce di chi vive e lavora dall’altra parte.
Marco Crescentini è controllore e capotreno, dipendente di Trenitalia, da anni in servizio sulla linea FL5.
Signor Crescentini, iniziamo parlando del tasso d’evasione. Può fornirci dati ufficiali?
No, purtroppo non sono in possesso di dati ufficiali. Posso offrirvi quelli della mia esperienza. Un buon 30% dei passeggeri sale sul treno senza biglietto. Poi c’è evasione ed evasione, totale o parziale. Chi acquista un biglietto con chilometraggio inferiore alla sua tratta, chi lo acquista e non lo timbra. Negli ultimi anni, in tempo di crisi, la situazione è peggiorata.
Passiamo allora alle fasce d’evasione: chi sale sul treno senza biglietto?
La maggior parte sono stranieri. Vuoi per poca disponibilità monetaria, vuoi per situazioni sociali sfavorevoli, ma le cose stanno così. Prevalentemente cittadini dell’Europa dell’est e africani. Soprattutto nel caso degli africani, sembra quasi una mentalità radicata, quella di viaggiare senza pagare. Le percentuali d’evasione qui aumentano esponenzialmente.
A questo proposito, arrivano molte segnalazioni di episodi “razzisti”, come se per gli italiani venisse talvolta chiuso un occhio e per gli stranieri no. Cosa può dirci?
Non è affatto una questione di razzismo, le spiego come stanno le cose. L’evasione degli stranieri è altissima. Quando uno di loro viene trovato senza biglietto, si dovrebbe procedere prendendo nota dei suoi dati e compilando il verbale. Tralasciando i molti che ci rispondono con dati ed indirizzi falsi, quei pochi che parlano sinceramente sono costretti a fornirci l’indirizzo dei loro centri di accoglienza e mi sembra chiaro sia impossibile, in quel caso, spedire un eventuale verbale. L’unica alternativa valida è farli scendere dal treno. Con gli italiani ciò non accade: benché riuscire a farci consegnare i documenti spesso sia un’impresa, alla fine i dati per compilare e spedire il verbale risultano corretti.
C’è chi si lamenta anche della poca efficienza dei controllori, accusati di essere spesso troppo superficiali. È d’accordo?
C’è chi lavora in un modo e chi in un altro. La verità è che non siamo tutelati. Io stesso devo vedermela tutti i giorni con insulti, minacce, denunce. Molti non vogliono rischiare. Personalmente, cerco di lavorare in modo uniforme, andando sempre in fondo alle questioni. Forse basterebbe un controllo più assiduo.
Le chiediamo infine delucidazioni su una dinamica che molte viaggiatori forse ignorano: i controlli dei biglietti vengono fatti a campione o dovrebbe essere controllato ogni treno?
Nei dieci anni scorsi avevamo l’obbligo di restare nella vettura testa con il macchinista. Con le nuove tecnologie, le leggi sono cambiate. Ora nessun treno può partire senza capotreno a bordo. Ma non è detto che il controllo avvenga per forza. Quando c’è disponibilità di personale, i controlli vengono eseguiti da “squadre volanti” composte da un controllore e un poliziotto o due, che si spostano di treno in treno, di stazione in stazione. È anche vero che in alcune fasce orarie il sovraffollamento rende impossibile il nostro passaggio. La gente lo sa e alcuni ne approfittano.